Fra le tante “tappe” di iniziative territoriali verso il traguardo di Roma, con la prossima Conferenza Nazionale della Salute Mentale, la tappa fiorentina di venerdì 10 maggio (organizzata dalla Società della Ragione, area San Salvi, edificio 35, dalle 10 alle 17) è dedicata ai compiti dei Garanti delle persone private della libertà in tema di Trattamento Sanitario Obbligatorio (Tso). L’attenzione alle condizioni delle persone sottoposte a trattamento contro la propria volontà fa parte del mandato istituzionale del Garante Nazionale, e insieme dei Garanti regionali; tuttavia è rimasto un ambito finora in ombra, e anche poco conosciuto, rispetto al mandato principale di controllo delle condizioni dei detenuti nelle carceri: tanto da giustificare la dizione più popolare e sbrigativa di “Garanti dei detenuti”.
Ma già nella relazione del Garante Nazionale al Parlamento del 2018, la vigilanza sui Tso in ambito psichiatrico e sulla pratica della contenzione era indicata come un settore privilegiato di intervento, Quest’anno, non solo nuovo spazio è dedicato al tema nella Relazione del Garante Nazionale, anche i garanti territoriali hanno cominciato a prendere contatti con le autorità sanitarie competenti, iniziando con la richiesta di dati, sia sui Tso, sia sulla contenzione.
Scrive il Garante Nazionale che la prima criticità riguarda la scarsezza e la non sistematicità dei dati disponibili “per la disabitudine dei Dipartimenti di salute mentale all’osservazione di occhi esterni e indipendenti”. A ciò si aggiunga, da quanto si può sapere dai contatti intrapresi da alcuni Garanti, una qualche difficoltà a comprendere l’importanza stessa di tali “occhi esterni e indipendenti”, se non addirittura a distorcerne il significato. Ad esempio, alcuni hanno obiettato che la vigilanza dei garanti possa ingenerare l’equivoco che la finalità del Tso sia il controllo e non la cura. Così messa, la questione è rovesciata. Proprio la delicatezza del trattamento non volontario, di per sé eccezionale poiché in deroga rispetto al principio costituzionale che stabilisce la libertà della persona di non sottostare alle cure (art.32), giustifica un’attenta verifica delle procedure in osservanza alla legge: giusto per avvalorare di fronte all’opinione pubblica l’idea che di cura si tratta e non di controllo. E’ nell’interesse del paziente innanzitutto, ma anche del personale sanitario attento al proprio mandato terapeutico.
L’incontro di Firenze del 10 maggio, fra i garanti, le associazioni, gli operatori, ha lo scopo in primo luogo di chiarire il contesto culturale del mandato dei garanti, quale premessa per colmare le lacune dei dati e chiarire le criticità. Fra queste: nella stessa regione (la Toscana, ad esempio) esistono differenze non trascurabili fra le diverse aziende nella percentuale di Tso, non giustificate apparentemente da dati epidemiologici e che sembrano perciò suggerire differenze nelle pratiche e negli approcci trattamentali. In questo caso, il monitoraggio può diventare uno strumento per promuovere le buone pratiche, nel rispetto dell’eccezionalità del trattamento obbligatorio. Più preoccupante è il fatto che alcuni dipartimenti annotino le contenzioni solo nelle cartelle dei pazienti, senza tenere un registro centrale del servizio: ciò significa non avere lo strumento di base per mettere in atto programmi di riduzione della contenzione (fino alla sua eliminazione, come già sollecitato dal Comitato Nazionale di Bioetica e ripreso come obiettivo dal Garante nazionale nella relazione 2018). Altra questione riguarda l’interpretazione della norma di legge che prescrive la convalida della richiesta di Tso da parte di un secondo medico. E’ frequente il caso che il secondo medico appartenga allo stesso servizio del primo, di fatto così aggirando il senso di un secondo parere indipendente.
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