Una mostra-denuncia
I volti della follia: prima di Basaglia venne la matita di Roberto Sambonet
L’artista visitò tra il 1951 e il ‘52 l’ospedale brasiliano che ispirò la riforma del celebre medico. In 70 studi e 40 disegni testimoniò il disagio mentale
di Virginia Piccolillo
All’inizio fu un tratto di matita. Quei volti alienati. Silenti. Storditi. Disperati o giulivi, ma sempre altrove. A tratteggiare con quelle linee scarne, essenziali, semplici quanto profonde, gli internati di un manicomio giudiziario, prima e in modo più efficace di tanti reportage, fu un artista più conosciuto come eccellenza del design: Roberto Sambonet. Il suo viaggio nell’orrore nei reparti dell’ospedale di Juqueri, a cinquanta chilometri da San Paolo in Brasile, tra il ’51 e il ’52, cristallizzato in 70 studi e 40 disegni smosse le coscienze e preparò il terreno per il lavoro di Franco Basaglia, che quello stesso manicomio visitò, e mirato a far sì che non esistessero più «ergastoli bianchi». Ma così non è.
In Italia sono ancora 906 gli internati negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. La legge che ne stabiliva la chiusura è stata via via prorogata. Ultima scadenza il 31 marzo 2015. Per far si che venga rispettata, la «Società della ragione onlus» che sensibilizza sui temi del carcere e dei diritti umani e sociali, ha organizzato una mostra-denuncia, curata da Ivan Novelli e Franco Corleone, basata proprio su quei disegni che Sambonet accostò poi, in un volume dal titolo Della pazzia, a scritti di autori che avevano affrontato questo tema: da Voltaire a Edgar Allan Poe, da Friedrich Nietzsche a William Shakespeare.
La mostra si aprirà martedì 7 ottobre a Milano alla Fabbrica del Vapore. È lo stesso curatore Ivan Novelli a sottolinearne l’importanza sociale: «Sono ancora sei gli ospedali psichiatrici giudiziari aperti in Italia. Lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel messaggio di fine anno di dicembre 2012, li aveva definiti “luoghi orrendi, non degni di un Paese civile”. Sono tre anni che si proroga la scadenza. Ci aspettiamo che le Regioni si attrezzino affinché quella del 31 marzo 2015 sia finalmente rispettata». «Il nodo della psichiatria — aggiunge Franco Corleone — non si è risolto con la chiusura dei manicomi. Basti pensare al destino da sepolti vivi di chi è ricoverato nelle strutture private assolutamente incontrollate e nei reparti di diagnosi e cura, dove spesso regna la contenzione abusiva».
Ma quei ritratti a matita o a china non sono solo una straordinaria ricognizione emotiva sul disagio mentale. Ma opere intense che segnano la maturazione artistica di Sambonet. Nato a Vercelli nel 1924, si formò all’Accademia di Brera e partecipò attivamente alle avanguardie milanesi che si riunivano al bar Giamaica. Affascinato dal linguaggio moderno, segnato da Guernica di Picasso, venne spinto proprio dalla ricerca di qualcosa di diverso a trasferirsi in Brasile, dove scoprì quella essenzialità di tratto che sarà il segreto del suo successo come designer. Dopo la tappa milanese, la mostra sarà a Firenze, al Teatro Chille de la balanza, San Salvi Città Aperta, dal 2 al 18 dicembre, per chiudere poi a Roma, al Museo in Trastevere, dal 24 marzo al 3 maggio.