CAMERA DEI DEPUTATI
2939
PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa del deputato MAGI
Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di imputabilità e di misure alternative alla detenzione per le persone con disabilità psicosociale
Presentata l’11 marzo 2021
Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge è frutto di un’elaborazione collettiva, sostenuta da un manifesto-appello indirizzato alla società civile, promosso da La Società della ragione, l’Osservatorio sul superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, il Coordinamento delle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) e dei dipartimenti di salute mentale (DSM) e Magistratura democratica e firmato da giuristi, avvocati, operatori nel campo psichiatrico e militanti delle associazioni per la riforma della giustizia.
Per comprendere le ragioni dell’abolizione della non imputabilità per vizio di mente occorre ripercorrere la lunga e complessa vicenda che dai manicomi criminali arriva ai nostri giorni.
La legge 13 maggio 1978, n. 180, non ha affrontato la questione dell’ospedale psichiatrico giudiziario (OPG), che così era stato ribattezzato dalla riforma penitenziaria del 1975, cioè dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, pur rimanendo una struttura carceraria con un direttore penitenziario, con celle e con sbarre e con un regolamento penitenziario, lasciando fuori dalla riforma il trattamento dei soggetti con problemi mentali che avevano infranto la legge penale.
La questione dell’OPG fu portata all’attenzione delle istituzioni per merito della regione Toscana che, nel 1997, presentò al Senato della Repubblica un disegno di legge di riforma elaborato da Sandro Margara con un gruppo di lavoro della Fondazione Michelucci (atto Senato n. 2746 della XIII legislatura). Il disegno di legge, che non aboliva la distinzione tra imputabili e non imputabili, eliminava però gli OPG e prevedeva delle strutture su base regionale destinate a chi era sottoposto a misure di sicurezza di durata decennale o superiore.
Ma il progetto di riforma più radicale in materia era stato presentato dal senatore Vinci Grossi nel 1983 (atto Senato n. 177 della IX legislatura), e poi ripreso da Corleone nel 1991 (atto Senato n. 2894 della X legislatura) e nel 1996 (atto Camera n. 151 della XIII legislatura) con lo scopo di eliminare l’incapacità di intendere e di volere e, di conseguenza, il «doppio binario» costituito dalla pena e dalla misura di sicurezza previsto dal codice Rocco, che indirizza gli «incapaci» sul binario speciale della misura di sicurezza, speciale rispetto al binario ordinario della pena, che è applicata, invece, alle persone «capaci». Nei citati progetti di legge si proponeva di abolire il proscioglimento e la misura di sicurezza che a questo seguiva, che spesso comportava un «ergastolo bianco» o, comunque, durava più a lungo della pena carceraria che sarebbe stata scontata in caso di «capacità». Vi furono anche tentativi di individuare soluzioni parziali da parte del Sottosegretario Corleone, finiti però nel nulla.
La Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale, istituita con deliberazione del Senato della Repubblica 30 luglio 2008, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del 5 agosto 2008, presieduta dal senatore Ignazio Marino, non suggerì di sciogliere il nodo del doppio binario, nell’ambito della riforma del sistema degli OPG che stava indicando, solo perché richiedeva un intervento normativo troppo radicale, ma individuò chiaramente l’abolizione della non imputabilità come il punto di approdo della riforma, da rinviare a una successiva riforma organica del codice penale.
La chiusura degli OPG non ha affrontato, dunque, il punto centrale della non imputabilità e ha mantenuto sullo sfondo molte contraddizioni che riemergono nel funzionamento delle REMS, che anche per questa ragione sono molto diversificate nelle esperienze.
Per sciogliere i nodi, nella prospettiva di una riforma complessiva del sistema penitenziario, che solo pochi anni fa aveva appassionato la politica, con il decreto del Ministro della giustizia 19 luglio 2017 fu istituita la cosiddetta «Commissione Pelissero» per modificare il sistema delle misure di sicurezza. Il testo redatto dalla Commissione, pur non abolendo la non imputabilità, differenziava le misure applicabili e dava centralità alla presa in carico sanitaria, ma esso non ebbe seguito e la delega legislativa non fu esercitata.
In questa sede si è deciso di riprendere la soluzione radicale sulla base dell’esperienza dell’attività del Commissario unico per il superamento degli OPG e a partire dalla novità introdotta dal decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81, che lega la misura di sicurezza alla pena prevista per il delitto compiuto, riducendo sensibilmente la differenza della funzione concreta svolta dalla misura di sicurezza rispetto alla pena. La chiusura degli OPG deve essere completata e, oltre alla chiusura delle strutture, deve consentire il superamento della logica manicomiale che pervadeva l’istituzione totale e che ancora persiste.
L’idea centrale è quella del riconoscimento di una piena dignità al malato di mente, anche attraverso l’attribuzione della responsabilità per i propri atti. Il riconoscimento della responsabilità cancellerebbe una delle stigmatizzazioni che comunemente operano nei confronti del folle. La capacità del folle di determinarsi non sarebbe completamente annullata in ragione della patologia e si verrebbe a rompere una volta per tutte quel nesso follia-pericolo che è stato alla base non solo delle misure di sicurezza, ma anche dei manicomi civili.
L’abolizione della nozione di non imputabilità è stata sostenuta da alcuni psichiatri e attivisti per la salute mentale, proprio come forma di riconoscimento di soggettività al malato di mente, in questo caso autore di reato. Il riconoscimento della responsabilità è anche ritenuto essere un atto che può avere una valenza terapeutica.
Dopo cinque anni dalla chiusura degli OPG è necessario un passo ulteriore. Occorre rispondere alle spinte regressive, che mettono in discussione alcuni dei capisaldi della Legge 81/2014, come il numero chiuso nelle REMS e il principio di territorialità delle strutture, proseguendo nella direzione della riforma e superando il “doppio binario” pena-misura di sicurezza.
La presente proposta di legge opera su una serie di direttrici di seguito descritte
1. Eliminazione della non imputabilità e della semi-imputabilità per vizio di mente e conseguente abolizione delle misure di sicurezza correlate.
In particolare, si modificano le disposizioni relative al vizio totale e parziale di mente, abrogando l’articolo 88 del codice penale, senza modificare la disciplina generale della non imputabilità e quella relativa all’imputabilità dei minori.
Si è scelto di ripercorrere l’opzione dei citati progetti di legge presentati dagli onorevoli Vinci Grossi e Corleone ma, invece che uniformarsi alla terminologia tecnica del codice, si è deciso di modificarla introducendo il concetto di disabilità psicosociale. Di conseguenza, anziché optare per una riformulazione a contrario dell’articolo 88, se ne propone l’abrogazione.
Si aboliscono, inoltre, le misure di sicurezza specifiche per il malato di mente autore di reato: il ricovero presso un manicomio giudiziario (articolo 7) e l’assegnazione a una casa di cura e custodia (articolo 6). Di conseguenza, si elimina la misura di sicurezza provvisoria del ricovero presso un OPG (articolo 4) e si elimina la previsione della trasformazione della misura di sicurezza per una persona imputabile in una misura per una persona non imputabile a seguito di infermità psichica sopravvenuta (articolo 5).
Data l’equiparazione tra autore di reato con disabilità mentale sopravvenuta o antecedente, conseguente all’eliminazione della non imputabilità, si dispone l’abrogazione dell’articolo 148 del codice penale (articolo 3).
Per quanto riguarda l’intervento sull’articolo 89 del codice penale, sembra necessario mantenere saldo il principio ispiratore della riforma, ovvero il riconoscimento della soggettività e della responsabilità della persona con disabilità psicosociale, e non reintrodurre surrettiziamente la logica del doppio binario; di conseguenza si è scelto di abrogare l’articolo 89.
2. Introduzione di una circostanza attenuante per le condizioni di svantaggio determinate da disabilità psicosociale.
Tenuto conto che l’abrogazione degli articoli 88 e 89 del codice penale potrebbe aumentare in concreto il rischio di una maggiore frequenza di condanne alla pena dell’ergastolo, è sembrato opportuno introdurre un’attenuante.
La condizione delle persone con disabilità psicosociale è, nella nostra società, una condizione di svantaggio e per tale ragione le condotte criminose commesse da queste persone possono essere ritenute di minore disvalore sociale, in conformità a quanto previsto da una recente sentenza della Corte costituzionale (sentenza n. 73 del 24 aprile 2020) che favorisce un’equilibrata considerazione delle condizioni patologiche della persona autrice di reato nella commisurazione della pena.
3. Equiparazione della malattia mentale pregressa e sopravvenuta ai fini della capacità dell’imputato di partecipare al processo.
Con le disposizioni di cui alla presente proposta di legge viene meno la distinzione tra le due categorie dei «rei folli» e dei «folli rei». Pertanto, ai fini della valutazione della capacità di partecipare al processo, cade anche la necessità di distinguere tra infermità mentale al momento del fatto delittuoso e infermità mentale sopravvenuta.
4. Predisposizione di misure atte a evitare la carcerazione per il detenuto con disabilità psicosociale.
In primo luogo, adeguando il testo alla recente pronuncia della Corte costituzionale n. 99 del 19 aprile 2019, si modifica l’articolo 147 del codice penale equiparando, ai fini del rinvio facoltativo, la disabilità psicosociale alle malattie fisiche.
Inoltre, si interviene sulla fase cautelare, estendendo la disciplina dei criteri di scelta della misura cautelare, relativa alla persona affetta da AIDS o da un’altra grave malattia, anche alla persona con disabilità psicosociale (articolo 8), confermando (seppure con le modifiche necessarie legate al coordinamento con le altre disposizioni) la possibilità della custodia cautelare in luogo di cura (articolo 9).
Per rendere effettivo e celere l’interessamento del dipartimento di salute mentale e, di conseguenza, la possibilità dell’imputato di accedere a misure cautelari non detentive, si interviene sull’articolo 73 del codice di procedura penale prevedendo che il giudice possa chiedere al dipartimento di salute mentale di relazionare sulle condizioni di salute dell’imputato e di predisporre un programma di cura e di assistenza individualizzato, in cui siano delineati i percorsi terapeutici più adeguati, con particolare attenzione a quelli non detentivi.
Per scongiurare l’ingresso in carcere di una persona con disabilità psicosociale, che durante il processo sia rimasta in libertà o sia stata sottoposta a una misura cautelare non detentiva e che abbia potuto accedere a una misura alternativa nella prima fase dell’esecuzione, si prevede una sospensione dell’ordine di esecuzione ad hoc (articolo 12).
Si prevedono, inoltre, misure alternative ad hoc per la persona affetta da patologia psichiatrica, sulla falsariga di quanto previsto per i tossicodipendenti (articolo 15). Per accedere a queste misure alternative la condizione di salute della persona deve essere accertata dal dipartimento di salute mentale, che provvede anche alla predisposizione di un programma di cura e di assistenza. All’istanza di misura alternativa deve essere allegata la certificazione da parte del Servizio sanitario nazionale.
5. Previsione di norme atte a garantire, nell’ipotesi di detenzione della persona con disabilità psicosociale, che possa ricevere cure adeguate.
Nella fase di prima stesura della presente proposta di legge erano state previste alcune modifiche alla disciplina stabilita dall’articolo 111 del regolamento sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, mantenendo e potenziando il sistema delle articolazioni per la salute mentale. Nel corso della discussione tenuta durante il seminario «Il muro dell’imputabilità» del 18 e 19 settembre 2020 organizzato dalla citata La Società della ragione, questo è emerso come uno dei principali nodi da affrontare. Le articolazioni per la salute mentale sono eterogenee dal punto di vista strutturale, gestionale e del livello delle prestazioni assistenziali garantite e presentano numerose criticità, tra le quali: il rischio di trasformarsi in «piccoli manicomi» dentro il carcere e quello di essere utilizzate come luogo di punizione e di isolamento delle persone che dentro l’istituzione penitenziaria tengono condotte ritenute eccentriche, bizzarre, ribelli o fastidiose. Per questo si è scelto di disporre l’eliminazione delle sezioni speciali per persone con disabilità psicosociale. La cura di queste persone dovrà essere garantita dalla presenza del dipartimento della salute mentale in ogni istituto penitenziario e, pertanto, si è prevista una modifica all’articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354, sull’ordinamento penitenziario. All’esito di una lunga discussione, è emersa la necessità di non prevedere alcuna istituzione speciale per i detenuti con disabilità psicosociale, i quali dovranno essere curati dai dipartimenti di salute mentale, in locali ad esclusiva gestione sanitaria all’interno degli istituti penitenziari (articolo 15).
6. Estensione del limite di durata massima delle misure di sicurezza detentive alle misure non detentive.
Si propone di fissare un limite alla durata delle misure di sicurezza della libertà vigilata, estendendo anche a queste il limite introdotto dal citato decreto-legge n. 52 del 2014 per le misure detentive (articolo 16).
Nella prospettiva di abolizione della non imputabilità per persone con disabilità psicosociale, che si propone, la libertà vigilata con prescrizioni terapeutiche dovrebbe non trovare più applicazione, per come è oggi configurata, ma potrebbe trovare applicazione come misura per persone imputabili al termine dell’esecuzione. Sembra comunque opportuno prevedere un limite massimo di durata, anche per questa misura.
7. Futuro delle REMS.
Le REMS di cui all’articolo 3-ter del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9, rappresentano un patrimonio in termini di risorse umane, culturali e materiali, di buone prassi applicative e di integrazione con i servizi socio-sanitari. Allo scopo di conservare e di tutelare questo patrimonio, si propone la loro riconversione in strutture ad alta integrazione socio-sanitaria quali articolazioni dei dipartimenti di salute mentale delle aziende sanitarie locali (articolo 18).
8. Introduzione dei concetti di disabilità psicosociale e di volontarietà dei trattamenti sanitari e delle misure alternative alla detenzione a questi finalizzate.
Si eliminano dagli articoli del codice penale i riferimenti ai manicomi e alle case di cura e di custodia (articoli 4 e 5).
Oltre a questo, si è ritenuto opportuno modificare la terminologia e sostituire alla nozione di persona inferma di mente, prevista dal codice penale, la nozione di persona con disabilità psicosociale, anche in conformità all’espressione «disabilità mentale» utilizzata dall’articolo 1 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e resa esecutiva dalla legge 3 marzo 2009, n. 18. In particolare, si è scelto di riprendere il concetto di «disabilità psicosociale» presente nel Manuale di implementazione della Convenzione nella convinzione che si debbano tenere in considerazione i fattori sociali che contribuiscono a determinare la condizione di disabilità.
L’articolo 12 della Convenzione sancisce il principio secondo cui «le persone con disabilità mentale godono di capacità legale su base di uguaglianza con tutti gli altri». Per descrivere in modo più preciso il senso, giuridico e culturale, del cambiamento di terminologia si fa ulteriormente riferimento al citato Manuale, che così interpreta l’articolo: «people with disabilities who violate the rights of others have the right to be treated on an equal basis with others by the police and penal law systems, including the provision of reasonable accommodation». Con tale definizione si vuole fare sì che la riforma proposta sia anche portatrice di un approccio non discriminatorio verso le persone affette da una patologia mentale e si vuole, altresì, richiamare l’applicabilità agli autori di reato con patologia mentale delle garanzie previste dalla stessa Convenzione.
L’accesso ad alternative terapeutiche può essere una forma di reasonable accommodation.
Il diritto alla salute si deve basare sulla volontarietà, come previsto della citata legge n. 180 del 1978 (norme inserite poi nella legge 23 dicembre 1978, n. 833, sul Servizio sanitario nazionale), che si esprime tramite il consenso informato della persona che si sottopone alle cure, come previsto dalla legge 22 dicembre 2017, n. 219. Da questi princìpi non si può prescindere per nessuna persona. Anche le persone con disturbi mentali hanno, quindi, il «diritto di avere diritti» e, in particolare, di esprimersi sul trattamento sanitario al quale vogliono sottoporsi. Le uniche eccezioni sono quelle previste dalla legge in via generale, ovvero quelle che possono dare luogo all’applicazione del trattamento sanitario obbligatorio, con tutte le garanzie previste (richiesta motivata da due medici, disposizione da parte del sindaco, convalida da parte del giudice tutelare). Si prevede quindi, nelle norme proposte, che ogni cura o trattamento sanitario, così come ogni trasferimento presso strutture dedicate alla cura, sia fondato sulla volontà del soggetto, espressa tramite il consenso informato al trattamento sanitario e tramite l’istanza di applicazione di una misura alternativa presso un luogo di cura. Il riferimento può essere un modello ispirato al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e quindi senza obblighi imposti al dipartimento di salute mentale dal giudice ma derivanti dai diritti della persona e dal suo impegno nella cura.
Nel configurare le nuove misure si intende eliminare la commistione tra cura e pena, nel senso di evitare il trattamento sanitario inserito nella misura penale o, peggio, imposto, perché non vi possono essere cura e riabilitazione senza la partecipazione attiva e responsabile della persona. Le norme che si introducono hanno, inoltre, un effetto antiistituzionale, in quanto nella prassi penitenziaria spesso la cura è utilizzata come strumento di repressione, come un modo di gestire le persone che creano problemi, magari mettendole in isolamento o trasferendole nelle sezioni psichiatriche penitenziarie (un tempo negli OPG). Introducendo la necessità dell’espressione di volontà dell’interessato si evita che le nuove misure rappresentino strumenti repressivi impropri a disposizione dell’amministrazione penitenziaria.
Si prevedono (articoli 10 e 11) gli arresti domiciliari invece della cura e della custodia cautelare in un luogo di cura, come misure che il giudice può concedere su richiesta dell’interessato.
9. Istituzione di un organismo di monitoraggio.
Considerando che durante il processo di superamento degli OPG l’organismo esistente ha svolto un ruolo essenziale di coordinamento, si è ritenuto opportuno introdurre un analogo organismo al fine di monitorare l’applicazione delle disposizioni di cui alla presente proposta di legge, con particolare riferimento alla tutela della salute mentale e all’assistenza psichiatrica delle persone con disabilità psicosociale, in stato di detenzione presso istituti penitenziari o sottoposte a misure alternative alla detenzione.
Si è previsto, inoltre, che ogni anno, avvalendosi dei dati emersi da tale monitoraggio, il Ministro della salute e il Ministro della giustizia trasmettano alle Camere una relazione sull’attuazione delle stesse disposizioni.
PROPOSTA DI LEGGE
ART. 1.
- Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
- all’articolo 62 è aggiunto, in fine, il seguente numero:
«6-bis) l’aver agito in condizioni di svantaggio determinate da disabilità psicosociale»;
- b) gli articoli 88 e 89 sono abrogati.
ART. 2.
- Al numero 2) del primo comma dell’articolo 147 del codice penale, le parole: «contro chi si trova in condizioni di grave infermità» sono sostituite dalle seguenti: «contro la persona con grave disabilità fisica o psicosociale».
ART. 3.
- L’articolo 148 del codice penale è abrogato.
ART. 4.
- Al primo comma dell’articolo 206 del codice penale, le parole: «, o l’infermo di mente» e le parole: «o in un manicomio giudiziario, o in una casa di cura e di custodia» sono soppresse.
ART. 5.
- All’articolo 212 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
- a) il secondo, il terzo e il quarto comma sono abrogati;
- b) alla rubrica, le parole: «o di trasformazione» sono soppresse.
ART. 6.
- Gli articoli 219, 220, 221 e 222 del codice penale sono abrogati.
ART. 7.
- Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
- a) il quinto comma dell’articolo 213 è abrogato;
- b) il secondo comma dell’articolo 214 è abrogato;
- c) i numeri 2) e 3) del secondo comma dell’articolo 215 sono abrogati.
ART. 8.
- Al comma 1 dell’articolo 70 del codice di procedura penale le parole: «infermità mentale sopravvenuta al fatto» sono sostituite dalle seguenti: «disabilità psicosociale anche sopravvenuta al fatto».
ART. 9.
- Al comma 1 dell’articolo 73 del codice di procedura penale sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «In caso di urgenza, il giudice chiede al dipartimento di salute mentale territorialmente competente di redigere una relazione sulle condizioni di salute mentale della persona. Qualora da tale relazione emerga che la persona è affetta da disabilità psicosociale, il giudice chiede al medesimo dipartimento, di predisporre un piano di cura e di assistenza individualizzato che comprenda, ove possibile, percorsi di trattamento da eseguire anche in strutture non penitenziarie o a domicilio».
ART. 10.
- All’articolo 275 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
- a) al comma 4-bis, dopo le parole: «ovvero da altra malattia particolarmente grave» sono inserite le seguenti: «fisica o psichica».
- b) al comma 4-ter è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se l’imputato è persona con disabilità psicosociale, gli arresti domiciliari possono essere disposti, secondo quanto previsto dal piano terapeutico riabilitativo individuale, presso la sua residenza o il suo domicilio ovvero, se indicato, presso le strutture del dipartimento di salute mentale territorialmente competente».
ART. 11.
- L’articolo 286 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 286. – (Custodia cautelare in luogo di cura). – 1. Se la persona da sottoporre a custodia cautelare è affetta da disabilità psicosociale, il giudice ne dà comunicazione al dipartimento di salute mentale territorialmente competente ai fini della predisposizione di un programma terapeutico individualizzato.
Il giudice, sulla base del programma terapeutico individualizzato di cui al comma 1 e su richiesta dell’imputato, può disporre il ricovero dello stesso imputato presso una struttura del dipartimento di salute mentale territorialmente competente, in luogo della custodia cautelare in carcere».
ART. 12.
- Dopo il comma 5 dell’articolo 656 del codice di procedura penale è inserito il seguente:
«5-bis. Se la pena detentiva deve essere eseguita nei confronti di persona con disabilità psicosociale, il pubblico ministero ne sospende l’esecuzione per novanta giorni».
ART. 13.
- Dopo il comma 2 dell’articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:
«2-bis. Garantisce in ogni istituto la presenza di un dipartimento di salute mentale, che assicura il diritto alle cure a partire dai livelli essenziali di assistenza».
ART. 14.
- Al comma 1 dell’articolo 65 della legge 26 luglio 1975, n. 354, le parole: «o psichiche» sono soppresse.
ART. 15.
- Dopo l’articolo 47-sexies della legge 26 luglio 1975, n. 354, è inserito il seguente:
«Art. 47-septies. – (Misure alternative alla detenzione nei confronti di persone con disabilità psicosociale). – 1. Le misure previste dagli articoli 47 e 47-ter possono essere applicate, anche oltre i limiti di pena ivi previsti, su istanza dell’interessato o del suo difensore, nei confronti di persone con disabilità psicosociale e che hanno in corso o intendono intraprendere un programma di cura e di assistenza concordato con il dipartimento di salute mentale territorialmente competente.
- 2. L’istanza di cui al comma 1 deve essere corredata di una certificazione del Servizio sanitario nazionale , che attesti la sussistenza delle condizioni di salute ivi indicate e la concreta attuabilità del programma di cura e di assistenza, in corso o da intraprendere.
- Le prescrizioni da impartire per l’esecuzione della misura alternativa alla detenzione devono contenere anche quelle relative alle modalità di esecuzione del programma di cura e di assistenza.
- 4. Nei casi previsti dal comma 1, il giudice può non applicare la misura alternativa alla detenzione qualora l’interessato abbia già fruito di un’analoga misura e questa sia stata revocata da meno di un anno.
- 5. Per quanto non diversamente stabilito dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 47-ter.
- 6. Ai fini del presente articolo non si applica il divieto di concessione dei benefìci previsto dall’articolo 4-bis».
ART. 16.
- Al primo periodo del comma 1-quater dell’articolo 1 del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2014, n. 81, la parola: «detentive» è soppressa.
ART. 17.
- Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, presso il Ministero della salute è istituito un organismo, composto da rappresentanti del Ministero della salute, del Ministero della giustizia, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e da altri esperti, con il compito di monitorare l’attuazione delle disposizioni di cui alla medesima legge, con particolare riferimento alla tutela della salute mentale e all’assistenza psichiatrica delle persone con disabilità psicosociale in stato di detenzione presso istituti penitenziari o sottoposte a misure alternative alla detenzione.
- Il Ministro della salute e il Ministro della giustizia, sulla base dei dati emersi dal monitoraggio di cui al comma 1, trasmettono ogni anno alle Camere una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge.
ART. 18
- Le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza di cui all’articolo 3-ter del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9, sono riconvertite in strutture ad alta integrazione socio-sanitaria quali articolazioni dei dipartimenti di salute mentale delle aziende sanitarie locali.
Comments are closed.