Nel 2024 sono già 31 i suicidi avvenuti nelle carceri. Ogni suicidio è un evento sentinella che richiede un’analisi organizzativa a maggior ragione quando il tasso è 20 volte superiore a quello della popolazione generale.
Dagli studi emerge la rilevanza di periodi critici (udienze, fine pena), delle stagioni (l’estate), delle sedi della detenzione (media sicurezza) e del sovraffollamento. Nel 2024 i detenuti hanno superato 61 mila con un incremento di 400-500 persone al mese. In carcere risultano 20 madri con 21 bambini. Il suicidio riguarda anche gli agenti della polizia penitenziaria che hanno tassi di suicidio doppi rispetto alle altre Forze dell’Ordine e tripli rispetto alla popolazione generale. Una situazione molto complessa, dove i problemi s’intersecano e il carcere rischia di diventare un insalubre concentrato di sofferenza, di disturbanti, emarginati e disperati, di problemi sociali e sanitari, esito di un patto sociale da ricostruire.
Occorre una politica complessiva per ridurre il sovraffollamento e il carico sanitario e sociale con adeguati collegamento con i territori.
Ad esempio i soggetti con psicopatia, problemi di personalità e comportamentali talora con uso di sostanze sono di norma imputabili e non devono essere destinati alle REMS ma possono essere trovare soluzioni detentive adeguate o misure alternative in comunità terapeutiche o sul territorio.
Nelle Articolazioni Tutela Salute Mentale (ATSM) vi sono 230 persone e i detenuti con “diagnosi psichiatrica accertata” sono 350. Ai casi di grave infermità psichica sopravvenuta durante la carcerazione, sulla base della sentenza della Corte Costituzionale n. 99/2019 può essere concessa la detenzione domiciliare in deroga.
Le persone arrestate in carcere alle quali vengono applicate le misure di sicurezza detentive provvisorie diventano detenuti “sine titulo” in quanto la misura di sicurezza sotto il profilo giuridico non è eseguibile in carcere. A novembre 2023 erano 42. I protocolli operativi, previsti dall’Accordo Stato Regioni 30 novembre 2022, prevedono il trasferimento in altre sedi sanitarie o a domicilio secondo le indicazioni dei DSM che sul territorio nazionale seguono circa 6.000 persone con misure giudiziarie o come estrema ratio in REMS.
Le persone con misura di sicurezza detentiva definitiva in REMS sono 331 ed occupano il 51% dei posti REMS. Ne deriva che se queste venissero utilizzate solo per i “definitivi”, abolendo le misure di sicurezza detentive provvisorie e quelle ex art 219 c.p. per i seminfermi di mente, gli attuali posti REMS sarebbero più che sufficienti specie se si completasse la legge 81/2014 con il superamento del doppio binario e adeguate norme per evitare la detenzione di persone con disturbi mentali gravi (proposta di legge dell’on. Magi n.1119 del 2023).
La prevenzione del suicidio può avvenire mediante un concertato lavoro interistituzionale e azioni multilivello. Per ridurre il sovraffollamento serve approvare leggi su indulto, amnistia, liberazione anticipata, misure alternative.
Le riforme della legislazione su droga, migrazioni e povertà potrebbero avere un importante funzione preventiva. Provvedimenti che possono ridurre il numero delle persone detenute, dare senso alla pena, creare alternative, formazione e lavoro, ridurre il carico sanitario, migliorare qualità di vita e dare speranza.
In questo quadro sono fondamentali le telefonate, le relazioni affettive e sessuali in attuazione della sentenza 10/2024 della Corte Costituzionale. Servono visioni nuove non più carceri, risorse sanitarie, sociali e giudiziarie per adeguate dotazioni organiche del personale e promuovere i diritti, il supporto tra pari, combattere la povertà, la deprivazione relazione. Così si potrebbero prevenire i suicidi durante la detenzione ma anche prima e dopo.