Pubblichiamo la presentazione a cura di Franco Corleone del fascicolo “La FINI-GIOVANARDI a giudizio” che potete scaricare qui:fascicolo-web.pdf
Dalle parole ai fatti
Alla fine del 2012 in occasione dell’udienza, poi rinviata, del processo contro Filippo Giunta, responsabile di Rototom, l’associazione animatrice del festival reggae di Osoppo, la Società della Ragione presentò un Libro Bianco sulla incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi intitolato “La parola alla Corte Costituzionale”.
Ora, a distanza di pochi mesi, presentiamo un supplemento alla ricostruzione storica della vicenda iniziata nel 2006 con uno strappo istituzionale assai grave e allo studio giuridico sulla legittimità costituzionale di una legge nata da un decreto legge dedicato alle Olimpiadi invernali di Torino e usato come contenitore per una riforma proibizionista e punitiva della legge già repressiva.
La novità straordinaria è rappresentata dal fatto che la questione da teorica è diventata attuale. Infatti la Corte d’Appello di Roma (Terza Sezione, Presidente ed estensore Bettiol) ha mandato alla Corte costituzionale la famigerata legge Fini-Giovanardi sulle droghe, ritenendola incompatibile con la Costituzione.
La vicenda nasce dalla condanna inflitta dal tribunale a due ragazze, che erano state fermate dai carabinieri perché trovate in possesso di 27 dosi di marijuana. Nel giudizio di appello, svoltosi il 28 gennaio, il difensore delle ragazze ha eccepito la incostituzionalità della legge e la Corte di appello gli ha dato ragione.
La decisione è molto importante perché ritiene che la Fini-Giovanardi contrasta con la Costituzione sotto tre profili.
Anzitutto perché è stata inserita come “maxiemendamento” al decreto legge sulle Olimpiade invernali del 2006, che con la droga non avevano nulla a che fare.
A questo proposito la Corte romana si rifà ad alcune sentenze della Consulta, che hanno ripetutamente bocciato altri decreti-legge proprio perché il Parlamento li aveva approvati sconvolgendone il contenuto.
I giudici romani sottolineano poi la assurdità della equiparazione tra droghe “pesanti” e “leggere”, di cui “va rilevata la modestia degli effetti negativi sull’organismo, non differenti da quelli che provocano alcool o nicotina”. Perciò, dicono i giudici, comminare per la cannabis le stesse pene previste per gli oppiacei è irrazionale e contrasta con l’articolo 3 della Costituzione, che non consente di trattare allo stesso modo fatti fra loro così diversi.
Infine, secondo i giudici, la legge Fini-Giovanardi viola anche la legislazione europea perché “unificando la pena prevista sia per le droghe leggere che per le droghe pesanti” non si è attenuta ad una decisione del 2004 del Consiglio dell’Unione Europea.
Ora la palla passa alla Consulta, cui spetta il compito di spazzare via una legge assurda che contribuisce quotidianamente al sovraffollamento delle carceri che tutti deprecano.
C’è da augurarsi che la decisione arrivi in tempi brevi, tenendo conto che l’8 aprile anche il Tribunale di Viterbo ha inviato alla Corte Costituzionale una Ordinanza di rinvio per incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi.
La decisione della Corte d’Appello di Firenze sollecitata dall’avv. Michele Passione è attesa per il 29 maggio; altri tribunali, come quello si Trento si pronunceranno in tempi brevi. Anche la Corte di Cassazione è stata investita della questione.
Nel frattempo nessun giudice rispettoso della Costituzione può continuare ad infliggere condanne in base ad una legge che una Corte d’Appello della Repubblica ha dichiarato illegittima.
La parola va ora al Tribunale di Tolmezzo a cui gli avvocati Gamberini e Filippi hanno presentato una articolata istanza di incostituzionalità per un caso clamoroso di utilizzo di un articolo assai controverso di un articolo della legge antidroga sulla fattispecie della agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti.
La fiducia nella Corte Costituzionale è accompagnata anche da una mobilitazione animata da un amplissimo cartello di associazioni per tre leggi di iniziativa popolare su tortura, carcere e droghe.
Il nuovo Parlamento, a dispetto di chi lo vorrebbe impotente e subalterno alla volontà del Governo, potrebbe liberarci presto da una delle peggiori mostruosità dell’era berlusconiana.
Franco Corleone
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