Oggi sarà presentato alla Camera dei Deputati il Decimo Libro Bianco sugli effetti collaterali della legge antidroga sul carcere e la giustizia. Quest’anno, oltre a presentare i dati assai eloquenti sugli ingressi in carcere e sulle presenze negli istituti penitenziari per violazione della legge antidroga, il Libro bianco si caratterizza per la ricostruzione storica della politica sulle droghe lungo un trentennio.
Trenta anni sono passati dall’inizio della War on drugs in Italia, da quando Bettino Craxi – reduce da un viaggio negli Stati Uniti – alzò il vessillo della tolleranza zero contro la droga e fece compiere ai socialisti italiani una torsione proibizionista inconcepibile per il partito che fu di Loris Fortuna. La polemica fu molto accesa e l’obiettivo strumentale del segretario del PSI divenne la cosiddetta “modica quantità”, prevista dalla legge come condizione di non punibilità del possesso di sostanze stupefacenti ai fini di consumo personale. Frutto di quella legge fu l’esplosione delle presenze in carcere di tossicodipendenti e per detenzione o piccolo spaccio di sostanze stupefacenti: così si passò rapidamente dai 35000 detenuti dei primi anni ‘90 agli oltre 60000 degli ultimi anni. Dato che non c’è limite al peggio, nel 2006 fu approvata con un colpo di mano la cosiddetta legge Fini-Giovanardi, che stringeva ancora di più la repressione, scegliendo la equiparazione di tutte le sostanze, leggere e pesanti, e prevedendo per tutte la stessa pena, da sei a venti anni di carcere. La politica non raccolse i richiami al rispetto della Costituzione e si dovette aspettare la decisione della Corte Costituzionale che nel 2014 smantellò gli aspetti più duri della legge.
I dati che presentiamo confermano l’aumento degli ingressi e le presenze in carcere sia per detenzione sia di soggetti classificati come tossicodipendenti. Aumenta a dismisura il numero delle segnalazioni ai prefetti. E’ un quadro impressionante perché il sovraffollamento che riprende a mordere è dovuto anche alla legge proibizionista e punitiva.
In questi mesi abbiamo assistito a una campagna di Antonio Polito sul Corriere della Sera, caratterizzata dall’anatema contro le canne e lo spinello, che non sarebbe più “leggero”, come quello di una volta: fandonie che erano state propalate al tempo di Giovanardi, che avevamo smontato e che ora vengono riciclate da pulpiti sedicenti laici e democratici. Non ci si può dunque stupire delle proposte del ministro Fontana e del ministro dell’Interno Salvini, che propone di aumentare le pene per i fatti di lieve entità. La conseguenza sarebbe quella di affollare ancora di più le nostre carceri e di intasare i tribunali, ma questo non preoccupa chi ignora deliberatamente i vincoli dello stato di diritto e della Costituzione.
Resta lo scandalo della inadempienza del Governo rispetto all’obbligo di convocare una Conferenza nazionale sulle droghe ogni tre anni, allo scopo anche di suggerire al Parlamento le necessarie modifiche alla legislazione. L’ultima conferenza, per altro blindata e senza contradditorio, risale al 2009, l’ultima di reale confronto al 2000 a Genova. Una discussione libera e intelligente non sarà realizzata da questo Governo, ma in Parlamento sono state depositate importanti proposte di riforma della legge sulle droghe e di legalizzazione della cannabis. Per questo ci impegniamo a rilanciare una Conferenza autoconvocata. Il Libro Bianco rappresenta uno strumento per una iniziativa politica e culturale di vero cambiamento, che veda protagonisti i giovani, i consumatori, gli avvocati e i magistrati democratici, gli operatori del pubblico e del privato sociale, tutti uniti nel respingere la deriva proibizionista e punitiva, per conquistare diritti e responsabilità.
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